CAPITALISMO&LOTTE A maggio Kim Moody, attento studioso americano del mondo del lavoro, ha pubblicato su Labor Notes “The end of lean production… and what’s ahead”, ipotizzando che il modello di capitalismo a cui siamo siamo abituati almeno dagli anni ‘7o – “produzione agile” e just-in-time – sia destinato a essere superato da nuove forme, che l’autore descrive parlando di just-in-case e “amazonizzazione”. Insieme alla redazione del sito Officina Primo Maggio abbiamo pensato che si trattasse di un contributo su cui riflettere collettivamente, soprattutto per le lezioni che se ne possono trarre in termini sindacali. Qui di seguito l’articolo di Moody e due articoli di commento, uno di Sergio Bologna, l’altro di Bruno Cartosio. Venerdì seguiranno Matteo Gaddi, ricercatore della fondazione Claudio Sabattini; Romeo Orlandi, docente di Processi di globalizzazione ed Estremo Oriente all’Università di Bologna e vicepresidente dell’Osservatorio Asia; Marco Veruggio, PuntoCritico. L’intero dibattito è in via di pubblicazione sul sito di PuntoCritico e su Officina Primo Maggio.
just in time
Newsletter250220: il problema è il virus o il paziente?
SOCIETA’ L’insegnamento più interessante che possiamo trarre dal coronavirus è che viviamo in un sistema economico e in società vulnerabili, costruite su equilibri instabili, in cui – per usare la famosa metafora – basta il battito d’ali di una farfalla per innescare una reazione a catena dalle conseguenze imprevedibili. Una fragilità a cui contribuiscono fattori soggettivi: un circo mediatico alla spasmodica ricerca del titolo strappa-clic e degli indici di ascolto e una politica screditata in cerca di occasioni per riabilitarsi (e spostare l’attenzione dalle questioni che contano). Ma anche e soprattutto fattori oggettivi: un capitalismo globale fondato sul just-in-time e la moltiplicazione dei centri di potere, con apparati statali depauperati dai tagli alla spesa e un baricentro produttivo spostato sempre più a est, in cui la linfa vitale delle merci e delle materie prime scorre lungo catene di fornitura spesso difficili da proteggere, tanto più in un contesto di crescente instabilità politica e sociale, che rendono il mondo un mosaico sempre più complesso. Così come per le vittime di questi giorni c’è da chiedersi: il problema è il virus o il paziente debilitato?
Se vuoi accedere alla newsletter integrale e all’archivio completo clicca qui.
Newsletter100718: Tailandia, il salvataggio un test per i militari
CRONACA Al caso dei giovani calciatori tailandesi rimasti imprigionati in una grotta insieme al loro allenatore si intreccia una partita tutta politica. Per la giunta militare che dal 2014 governa il paese e che da un anno continua a rimandare le elezioni promesse per ristabilire la normalità, le operazioni di soccorso sono un’occasione per cercare di salvare un’immagine compromessa da quella questione e dagli scandali. E allo stesso tempo una cartina di tornasole dello scontro tra èlites urbane e masse rurali che caratterizza il paese. POLITICA Dagli Stati Uniti arriva la proposta politica shock di Dambisa Moyo con cui un settore della borghesia liberale pensa di mettersi al riparo dal ripetersi di eventi come l’elezione di Trump e la Brexit: subordinare il diritto di voto al superamento di un esame da parte degli elettori. Un’idea che svela allo stesso tempo paure profonde della classe dirigente per la crisi della democrazia rappresentativa nel mondo, ma anche la sua incapacità di rispondere a tale crisi in termini politici. L’introduzione di nuove restrizioni al diritto di voto, dopo la generalizzazione del sistema maggioritario con sbarramento a partire dai primi anni ’90, può far paura al mondo del lavoro se si pensa che le elezioni siano il terreno principe su cui contrastare le politiche di compressione salariale e riduzione dei diritti sindacali in atto a partire da quegli stessi anni. Ma davvero è cosi? ECONOMIA In realtà il terreno dello scontro nella società e in particolare nel mondo del lavoro appare sempre più l’unica arma efficace. Tanto più che, come argomenta un saggio che ci arriva dal sindacalismo americano più combattivo, nonostante l’avanzata delle imprese e lo smantellamento progressivo delle garanzie a tutela del lavoro, l’economia del just-in-time globale, pur di risparmiare sui costi di produzione, ha aperto una serie di falle in cui l’iniziativa sindacale può incunearsi ottenendo risultati importanti. Una riflessione strategica sul sindacalismo del terzo millennio.
Se vuoi accedere alla newsletter integrale e all’archivio completo clicca qui.