POLITICA Aldilà degli aspetti sentimentali e della retorica dalla Gran Bretagna trapela il timore che la scomparsa di Elisabetta faccia emergere contraddizioni a lungo sopite dell’ex potenza imperiale in crisi da ormai settant’anni. Un vuoto amplificato da una classe politica scadente quanto quella italiana. Ne parliamo con Alberto Pantaloni, storico e conoscitore del movimento operaio britannico. GUERRA Un lungo reportage del Washington Post raccoglie i racconti dei soldati feriti nei primi giorni della controffensiva su Kherson e contribuisce a farci intravvedere un’altra realtà, rispetto ai toni trionfalistici dei comunicati ucraini, che la stampa occidentale non può verificare, dal momento che le autorità militari hanno vietato l’accesso dei corrispondenti al fronte.
Washington Post
Newsletter141218: Io spio che tu spii che egli spia
I recenti polveroni su Huawei e sull’assassinio di Jamal Khashoggi ci forniscono un esempio emblematico di quanto l’informazione ufficiale sia ridotta a mera propaganda. La stampa e tanto più l’informazione televisiva, che oggi, secondo i dati a disposizione, costituisce il primo canale di diffusione delle notizie, citano in modo asettico sia le accuse americane alla compagnia telefonica cinese sia l’articolo del Washington Post che accusa un’azienda italiana di avere fornito a Ryadh software utilizzato per spiare gli oppositori politici del regime. Brevi citazioni in punta di piedi prima di tornare alle notizie che contano: il papà di Di Maio, l’ultimo tweet di Salvini, Minniti che si ritira, lo spread, Renzi fonderà un nuovo partito? Nell’era della saturazione informativa non c’è bisogno della censura per occultare la verità e le alchimie del Potere, quello con la p maiuscola, che sta dietro e sopra le aule parlamentari. Basta affogarle sotto un cumulo di notiziole frivole e cronache politiche gossipare. Basta omettere una parte di ciò che scrive il Washington Post e cioè che la citata società italiana leader nel mercato mondiale della ‘sicurezza offensiva’ e partner dello Stato italiano (così come delle peggiori dittature del mondo), in un momento di crisi è stata risollevata da investitori sauditi e che due anni fa Foreign Policy pubblicava lungo ritratto, intitolato ‘Abbiate paura di quest’uomo’, del suo fondatore, che in Italia è meno conosciuto dell’autista di papà Renzi. E bisogna ricorrere a un organo del capitalismo americano come Bloomberg per leggere un’osservazione di buon senso sul caso Huawei, cioè che la Cina non ha bisogno di un proprio produttore di telefoni per spiare l’Occidente, dal momento che i cellulari dei maggiori brand internazionali sono fatti di componenti cinesi e che, soprattutto, nel mondo tutti spiano tutti, a partire dagli Stati Uniti. Intendiamoci, non apparteniamo alla schiera degli esterofili: anche la stampa estera fa il gioco dei suoi padroni e dei suoi politici di riferimento. Anche negli USA le notizie perlopiù si trovano sui organi di informazione specializzati e scritti per ristrette cerchie. Ma allo stesso tempo è vero che un capitalismo straccione, che lascia crollare i ponti e svende i gioielli di famiglia (ultima la siderurgia), non può che avere (con lodevoli quanto rare eccezioni) una stampa stracciona. Nella lunga newsletter di oggi PuntoCritico vi racconta ciò a cui la stampa italiana blasonata dedica un trafiletto a pagina 12 o un breve articolo sul web.
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