PRIVATIZZAZIONI Del tremendo incidente ferroviario avvenuto solo due settimane fa in Grecia, 57 morti e 130 feriti, in Italia si parla assai poco. C’entra qualcosa il fatto che Hellenic Train, gestore del servizio ferroviario dal 2017, è di proprietà delle nostre Ferrovie dello Stato, grazie a una serie di passaggi formali che hanno coinvolto almeno quattro governi (Gentiloni, Conte 1 e 2, Draghi)? Ma se, come hanno scritto i giornali, la causa della tragedia sono stati un errore umano e la scarsa sicurezza della rete, ancora in mano allo Stato greco, perché non parlarne? Nelle pagine che seguono troverete una possibile spiegazione, che potremmo riassumere così: un ruolo ambiguo della proprietà italiana e un intreccio di silenzi tra quest’ultima e lo Stato greco, da cui entrambi fino al 28 febbraio parrebbero aver tratto reciproco vantaggio. E di cui i ferrovieri greci ai primi di febbraio avevano anticipato le conseguenze in un duro comunicato rimasto inascoltato.
FS, Atene val bene una strage?
L’indignazione per una tragedia annunciata in Grecia sta facendo spuntare dai cassetti e dai ricordi di alcuni protagonisti documenti e relativi retroscena di cui in Italia nessuno parla, forse perché rivelano il ruolo ambiguo di Hellenic Train, la società del gruppo FS che dal 2017 gestisce il trasporto ferroviario greco.
MARCO VERUGGIO, 12 marzo 2023
“La Grecia mercoledì ha concluso la vendita della compagnia ferroviaria TrainOSE all’azienda pubblica Ferrovie dello Stato Italiane per 45 milioni di euro. Lo annuncia l’agenzia nazionale per le privatizzazioni. Atene stava cercando di vendere questo asset sin dal 2013, ma avvicendamenti al governo e ostacoli politici avevano fatto rinviare l’operazione. Se non si fosse conclusa la vendita TrainOSE avrebbe dovuto restituire oltre 700 milioni di euro di aiuti di Stato all’UE e sarebbe stata costretta a chiudere. Le privatizzazioni sono una delle condizioni su cui si basa il salvataggio internazionale della Grecia, ma il protrarsi della crisi economica sta indebolendo l’interesse degli investitori”. Con questo succinto comunicato il 18 gennaio 2017 Reuters annuncia che l’UE ha di fatto costretto Atene a svendere TrainOSE, la società che gestisce il servizio in regime di monopolio, mentre restano in capo a una società pubblica, OSE, la gestione e la manutenzione dell’infrastruttura, binari e stazioni. Le FS italiane si aggiudicano TrainOSE dopo che quelle russe, inizialmente interessate, si sono ritirate dalla partita, chiamando in causa i forti investimenti necessari per lo sviluppo, l’ammodernamento e la manutenzione delle ferrovie greche.
“Privatizzazione colonialista”
Dopo la cessione per mano del governo Tsipras, nel 2019 Mitsotakis, che gli è succeduto, sigla con TrainOSE un memorandum di intesa, secretato, che dovrebbe trasformarsi in un vero e proprio contratto di servizio nel 2020. Poi però la pandemia e, pare, la difficoltà di trovare un accordo fanno slittare la firma fino al 14 aprile 2022. Il contratto prevede l’affidamento del servizio a TrainOSE per un periodo di 10+5 anni e il versamento alle nostre Ferrovie dello Stato di 50 milioni di euro l’anno più IVA, più altri 250 a copertura del quinquennio 2017-2021, per un totale di un miliardo. In cambio il nuovo management italiano si impegna a erogare il servizio di trasporto merci e passeggeri anche sulle linee non di interesse commerciale (le cosiddette linee no-profit) e a investire centinaia di milioni di euro, in particolare sul materiale rotabile, ma anche sui servizi tecnologici. In seguito il viceministro dei trasporti greco Giorgos Karaiannis definirà l’operazione “privatizzazione colonialista”, così come il premier Mitsotakis parlerà di “errori fatti dal governo Tsipras”.
Nel febbraio 2020 un reportage di OBC Transeuropa e dello European data Journalism Network citando alcune dichiarazioni di Panagiotis Teocharis, presidente di TrainOSE al momento delle cessione, rivela che in realtà il 95% delle linee ferroviarie nazionali sarebbe sussidiato dallo Stato, inclusi i collegamenti che TrainOSE fornisce su gomma invece che su ferro. E che, secondo Panagiotis Paraskevopulos, allora presidente del sindacato dei ferrovieri, la società del gruppo FS starebbe incamerando fondi pubblici anche per tratte ferroviarie dismesse: il sindacalista cita i 17 milioni di euro incassati da trainOSE per la linea Salonicco-Alessandropoli mentre la tratta Drama-Alessandropoli è chiusa. L’autrice del pezzo aggiunge che in quel momento 60 su 216 stazioni ferroviarie sono chiuse.
Dopo ripetuti rinvii il 14 aprile 2022 il contratto di servizio viene sottoscritto. Prevede, tra l’altro, che TrainOSE acquisti da FS cinque treni ETR 470, più noti come pendolini per il caratteristico sistema di pendolamento (assetto variabile) che consente loro di correre a velocità elevata anche su linee progettate per velocità inferiori. FS li vende alla propria controllata greca per 47,5 milioni di euro, 2,5 più di quanto abbia pagato l’intera compagine societaria di TrainOSE cinque anni prima. Gli ETR 470 vengono messi in servizio sulla tratta Atene-Salonicco, dove il 28 febbraio un treno passeggeri con 350 persone a bordo si scontra con un merci all’uscita della galleria di Tempe alla velocità di 160 chilometri orari, provocando 57 morti e 130 feriti. La tragedia – spiegano le autorità – è stata provocata da un “errore umano”: il capostazione di Larissa, ha indirizzato uno dei treni sul binario sbagliato. Il diretto interessato conferma e viene arrestato.
“Gli errori umani possono sempre capitare”, ci spiega un ex macchinista di Trenitalia con 40 anni di esperienza, “ma su una linea moderna esistono sistemi di sicurezza – in Italia si chiama SCMT, Sistema di Controllo Marcia Treno – che fanno dialogare il treno con la linea e intervengono automaticamente sui comandi in caso di errore, ad esempio frenando il locomotore se supera i limiti di velocità, proprio per evitare tragedie come quella greca”. Il problema che in quel tratto della principale linea ferroviaria del paese, l’equivalente della nostra Roma-Milano, quei sistemi non ci sono. Il giorno dopo la tragedia Vassilis Zavogiannis, rappresentante dei lavoratori nel cda di Hellenic Train, nuova denominazione di TrainOSE dal 2022, dichiara al quotidiano Ekathimerini: “In sostanza su una linea cruciale per il paese ciò che riguarda la sicurezza nell’anno 2023 si basa ancora interamente sul fattore umano. I nostri treni operano come facevano 30 anni fa. Per usare una metafora è come avere una buca davanti a casa. Sappiamo che c’è e la evitiamo, ma prima o poi finisce che ci cadiamo dentro”. Come è possibile? Prima di rispondere a questa domanda apriamo una breve parentesi su un aspetto della vicenda piccolo ma significativo.
“Il pendolino? Buona fortuna!”
Un anno prima dell’incidente di Tempe, nel febbraio 2022, il sito Investigate Europe pubblica un’inchiesta giornalistica in cui rivela che gli ETR 470 erano stati dismessi da SBB, le ferrovie svizzere, per gravi problemi di sicurezza. Scrivono gli autori: “Vent’anni fa la stampa svizzera aveva soprannominato l’ETR 470 – in servizio sulla linea che collegava Milano alla Svizzera – Pannenzug, cioè il treno dei guasti. […] A due ex funzionari che hanno familiarità con questo modello, contattati da Investigate Europe e Reporters United, riesce difficile credere che i cinque ultimi ETR 470, invece di essere rottamati, siano stati presentati come il futuro della linea Atene-Salonicco, la principale del paese mediterraneo. ‘Il consiglio dalla Svizzera: lasciate perdere quei treni’, dice Walter Finkbohner, ex segretario del cda di Cisalpino AG, società mista delle ferrovie italiane e svizzere che ha comprato gli ETR 470 dalla FIAT Ferroviaria negli anni Novanta.” Purtroppo, proseguono gli autori dell’inchiesta “La Grecia non era nella condizione di accettare quel consiglio”. E Benedikt Weibel, ex presidente di SBB, aggiunge “Il Pendolino? Posso solo dire ‘Buona fortuna!’”
Secondo Weibel, infatti, pur svolgendo l’1% del servizio gli ETR 470 sarebbero stati all’origine del 50% dei reclami. Nel 2006 dopo che un pendolino prende fuoco all’interno di un tunnel e i passeggeri riescono a evacuare solo grazie all’intervento di un ferroviere fuori servizio presente a bordo il sindacato dei ferrovieri SEV chiede che sui treni che percorrono linee con lunghe gallerie oltre al macchinista siano presenti due capitreno. L’anno successivo il pendolino viene ritirato dalla linea italo-tedesca Milano-Stoccarda per problemi causati dal sistema di assetto variabile. Nel 2011 e nel 2012 prendono fuoco altri due ETR e un esemplare in sosta alla stazione di Lucerna si trasforma in uno shaker scuotendo i passeggeri per alcuni minuti, sempre per un problema del meccanismo di pendolamento. Nel maggio del 2011 un comunicato dell’intersindacale dei ferrovieri svizzeri, intitolato “Gli ETR 470 devono essere al più presto sostituiti con altro materiale” denuncia che “dalla loro entrata in servizio nel 1993 in questi treni si sono manifestati sempre gli stessi problemi tecnici che non è mai stato possibile risolvere”. L’anno dopo SBB rottama i suoi quattro ETR 470, mentre Trenitalia ricolloca i suoi cinque esemplari sulla linea Roma-Reggio Calabria e nel 2017 decide di mandarli in Grecia. La pagina tedesca di Wikipedia dedicata agli Alstom ETR 470 (la casa francese, infatti, nel 2000 ha rilevato FIAT Ferroviaria) include un paragrafo dal titolo Pannenanfälligkeit, predisposizione ai guasti, che in quella italiana, guarda caso, non c’è.
Insomma le FS decidono di rifilare alla propria controllata greca cinque treni vecchi trent’anni e, soprattutto, facili a prendere fuoco destinandoli a una tratta, Atene-Salonicco, dove, scrive ancora Investigate Europe, ci sono diversi tunnel lunghi oltre 500 metri e quattro, tra cui quello di Tempe (al cui sbocco si è verificato l’incidente del 28 febbraio), di oltre due chilometri e mezzo. Gli autori dell’inchiesta chiedono sia ad Alstom Greece, che ha effettuato il revamping dei treni, sia a TrainOSE se gli ETR, prima di prendere servizio su quella tratta, siano stati dotati di adeguati sistemi antincendio. In assenza di risposte l’unica conclusione che possono trarre è: “I resoconti della stampa dicono di no”.
Le ferrovie più pericolose d’Europa
Secondo un’analisi pubblicata ancora da OBC Transeuropea nel 2020 in base ai dati del 2018 della Union Agency for Railways (ERA) e dell’ente regolatore greco per il trasporto ferroviario (RAS) la Grecia è al primo posto in Europa per numero di decessi e al secondo per feriti provocati da incidenti ferroviari in proporzione ai chilometri percorsi. Tra la cause più comuni vi sono problemi legati alle infrastrutture (binari, scambi, passaggi a livello non protetti), ma anche al materiale rotabile. La linea Atene-Salonicco non fa eccezione: due settimane prima dello scontro a Tempe un moncone di un tronco d’albero, ricordo dei roghi che avevano devastato l’attica nell’agosto del 2021 e da allora mai rimosso, trafigge la carlinga del locomotore di un ETR 470, penetrando nella cabina di guida e rimanendovi conficcato. Il macchinista si salva per miracolo.
Ma dietro le cause immediate c’è sempre una causa profonda, che in questo caso risiede nella nuova architettura delle ferrovie greche disegnata dalla riorganizzazione e dall’irrompere del mercato in un settore delicatissimo in un momento in cui la Grecia è sotto ricatto di fronte all’alternativa tra la bancarotta e i tagli draconiani imposti dall’UE e dalle autorità finanziarie, tra cui, non dimentichiamolo, la BCE di Draghi. La separazione tra gestione dell’infrastruttura e del servizio e l’affidamento di quest’ultimo a un soggetto esterno fa venir meno un efficace centro di coordinamento in grado di garantire la sicurezza dei passeggeri e del personale.
La sicurezza oltre che di tecnologia ha bisogno di persone. Nel 2000 nel comparto ferroviario greco lavorano 12.500 persone, nel 2021 sono 2.000. Per capire in che condizioni lavorano i capi stazione come quello di Larissa basti dire che, secondo quanto dichiara un funzionario di OSE a Reuters, oggi ci sono in servizio 133 capi stazione dei 411 necessari, tanto che poche settimane prima della tragedia la società avrebbe deciso di assumerne 73 per sei mesi a partire da aprile. Per quanto invece riguarda il personale di bordo, nel 2010, all’inizio della crisi finanziaria, TrainOSE ha 1.532 dipendenti, sette anni dopo, quando arriva FS, sono 670. Negli anni successivi con la gestione italiana il numero risale fino ai 1.142 registrati nel bilancio del 2021. Bastano? Nel 2020 Panagiotis Paraskevopoulos dichiara a OBC Transeuropa che “Le ferrovie greche devono far fronte a una notevole carenza di organico. Di conseguenza, i lavoratori, e soprattutto i macchinisti, spesso sono costretti a lavorare troppi giorni in un mese e molte più ore di quelle prescritte dalla legge sul lavoro. Per esempio c’è una tabella che prevede le ore lavorative nell’area da Livadia (una cittadina nel centro della Grecia) al Pireo e da Kiato (nel Peloponneso) all’aeroporto di Atene e che di norma richiede 75 manovratori per funzionare come si deve. Ovviamente sono previste pause per il riposo e ferie annuali. Ebbene, al momento 47 dipendenti, tra cui il sottoscritto, devono lavorare per coprire il carico di lavoro di 75 persone. Le pause sono rare. Dal primo gennaio 2021, questo numero scenderà a 27. Anche quando riuscissimo a dividerli in tre turni, senza rinforzi non c’è modo per loro di espletare tutto il lavoro previsto”. Dopo lo scontro a Tempe Christos Retsinas, ex capo della sicurezza di TrainOSE, dichiara all’emittente greca Skairadio che il management italiano, una volta insediatosi ha sollevato i capitreno da alcune funzioni relative alla sicurezza per avere più risorse da dedicare al servizio passeggeri.
Una mano lava l’altra?
Un’altra inchiesta di Investigate Europe, pubblicata lo scorso 10 marzo, rivela che il gruppo francese Alstom, incaricato di mettere in sicurezza le linee ferroviarie greche, viola costantemente gli obblighi contrattuali. Ma l’8 marzo TrainOSE rende noto di aver depositato una richiesta di danni a OSE per oltre un milione di euro relativi a lavori svolti in proprio a partire dal 2017 per rimediare a problemi infrastrutturali di competenza di OSE. Quando? Soltanto alla fine del 2022. Come si spiega questa tolleranza da parte dei manager italiani? Una risposta sembra arrivare dalle rivelazioni fatte due giorni prima da Efsyn (Efimerida ton Syntakton, Il giornale dei redattori). Il quotidiano il 6 marzo pubblica una ricostruzione corredata di documenti, della trattativa svoltasi tra lo Stato greco e TrainOSE tra il memorandum d’intesa del 2019 e il contratto di servizio del 2022. Secondo la ricostruzione nel passaggio tra i due testi le clausole che impegnano lo Stato greco a realizzare il segnalamento sull’asse Pireo-Atene-Salonicco-Edomeni e la messa in funzione del sistema ETCS sull’asse Pireo-Atene-Salonicco-Edomeni (contratto 10005 del 2007) entro il 2021 che erano inclusi nell’articolo 20.4 del memorandum, sarebbero sparite. Ma non solo quelle.
“Le clausole di cui all’articolo 20.4, che imponevano un intervento pubblico per realizzare moderni sistemi di sicurezza del traffico, sono scomparse come per magia (nera). Forse non erano più considerate necessarie dagli investitori italiani? Purtroppo la spiegazione non è questa! La loro necessità sembra essere stata superata perché nel frattempo anche gli investimenti che gli italiani avrebbero dovuto fare si erano ridotti. Invece di 400 milioni in nuovo materiale rotabile il nuovo contratto menzionava solo gli ETR-470 vecchi di 30 anni, che intanto erano stati risistemati, al costo dichiarato di 47,5 milioni. In totale gli investimenti degli italiani si sono ridotti da un totale di 645 milioni a soli 62,5 milioni. In altre parole, lo Stato greco perde 582,5 milioni di euro di investimenti, nonostante i finanziamenti pubblici agli italiani per 15 anni rimangano invariati a 750 milioni di euro”, scrive l’autore del pezzo su Efsyn.
Ma non basta: “Oltre ai 582,5 milioni di euro di investimenti persi, però, lo Stato è anche gravato da una spesa stimata in 215 milioni di euro per l’acquisto dei nuovi treni e il successivo noleggio a TRAINOSE. Si dice che la fornitura di questi nuovi treni sia già stata aggiudicata a un’azienda internazionale che è considerata un fornitore privilegiato dalle FSI italiane, società madre di TRAINOSE”. Insomma il “Maxipiano di FS per la Grecia, investimenti su treni e bus”, come titola trionfalistico il Sole24Ore il 2 luglio 2022, in realtà lo pagherebbero i greci. Complessivamente, secondo Efsin, l’azionista italiano in questo modo risparmierebbe 800 milioni di euro.
Tragedia annunciata, affare sicuro
Tre settimane prima dell’incidente, il 6 febbraio, i ferrovieri greci diffondono un comunicato in cui denunciano i problemi di sicurezza e scrivono che in queste condizioni un incidente sarà inevitabile. “Non siamo disposti ad aspettare l’ineluttabile incidente per vedere tutti versare lacrime di coccodrillo”, scrivono. E invece devono farlo. Intervistato dall’emittente tv greca ERT l’ad di Hellenic Train, Maurizio Caporto, alla domanda se la società avesse mai segnalato i problemi della rete, risponde in burocratese: “Hellenic Train si occupa del trasporto dei passeggeri e delle merci e, in quanto compagnia ferroviaria che circola su un’infrastruttura gestita da terzi, è in contatto con il gestore dell’infrastruttura per tutte le segnalazioni opportune. La comunicazione da parte della nostra impresa ferroviaria è puntuale e comprende sia questioni legate strettamente all’infrastruttura, sia circostanze esterne all’infrastruttura, ma che possono impattare sulla circolazione. I canali e le modalità di comunicazione sono disciplinati da specifiche procedure”. Tra i vari benefici che la società è riuscita a ottenere dal governo greco c’è anche l’esenzione dalle regole europee sui diritti dei passeggeri così da non dover risarcire i feriti e le famiglie delle vittime di eventuali incidenti ferroviari, anche se dopo la tragedia di Tempe si impegna a “non fare uso dell’esenzione garantitale dal Governo”. Il danno è così grande da rendere impossibile, stavolta, la beffa.
Per concludere è chiaro che sull’incidente che ha provocato 57 morti e 130 feriti grava una responsabilità politica evidente: i capitalismi nazionali europei hanno utilizzato la crisi greca per costruire un gigantesco affare per le proprie imprese pubbliche e private, come FS e Alstom, ma anche per alcune grandi società greche, come Aktos, la società di costruzione partner di Alstom, un affare fatto sulle spalle dei lavoratori e della popolazione della Grecia, con la connivenza dei suoi governi. Sono in buona compagnia. La Cina, ad esempio, allo stesso modo si è assicurata un asset strategico per la sua Via della Seta come il porto del Pireo. In questo quadro il capitalismo italiano, attraverso una holding al 100% del Ministero dell’Economia, ha avuto la sua fetta di business e di responsabilità, che investono anche almeno quattro governi di vario colore. E infatti in Italia, a parte la redazione di PuntoCritico, nessuno è andato a scavare.
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