POLITICA&VIRUS Oggi ci occupiamo dell’epidemia di COVID-19 da un punto di vista inedito. Perché, soprattutto quando ci troviamo dinanzi a fenomeni globali, per capire cosa succede a casa propria è utile guardare cosa succede fuori e come paesi diversi reagiscono alla stessa sollecitazione, in questo caso il virus. In questa newsletter ci concentriamo su due paesi molto diversi tra loro, Taiwan e l’Iran. La prima, che per la vicinanza con la Cina continentale si presumeva sarebbe stata uno dei paesi più colpiti, finora ha avuto una sola vittima e alcune decine di contagiati (una quindicina guariti). Lo deve a un piano di emergenza elaborato dopo l’epidemia di SARS nel 2003 e basato sulla ricerca dei potenziali contagiati tramite l’incrocio di big data e banche dati pubbliche e l’uso di nuove tecnologie geolocalizzazione e codici QR, senza chiudere i confini né istituire zone rosse. L’Iran al contrario ha seguito la strada intrapresa inizialmente dalla Cina continentale, quella di occultare la verità, salvo poi non essere in grado di emulare la terapia d’urto praticata da Pechino in un secondo tempo. Oggi l’epidemia sta diventando un catalizzatore delle esplosive contraddizioni interne al paese e allo stesso regime.
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