POLITICA&GIUSTIZIA Il trentennale di Mani Pulite ha innescato una discussione basata su una lettura astratta di quegli anni, slegata dal contesto politico ed economico internazionale e che si impose già all’epoca, confezione propagandistica della svolta neoliberale impressa dalla borghesia italiana al paese in nome di un’epocale lotta della giustizia contro la corruzione. Una lettura adottata in modo acritico dalla sinistra e di cui a fare le spese sono stati in primo luogo i lavoratori. A fare giustizia in realtà più che i magistrati è stato il tempo, che ha rispedito Antonio Di Pietro a Montenero di Bisaccia, ha sveltato l’inconfessabile intreccio tra magistratura e politica con lo scandalo Palamara e, nei giorni scorsi, ironia della sorte, ci ha mostrato un dinosauro della Prima Repubblica come Giuliano Amato spiegare – a nome dei giudici costituzionali – che i referendum su eutanasia e liberalizzazione delle droghe leggere sono illegittimi a una platea di proponenti e firmatari in larga misura costituita proprio da tifosi della magistratura cresciuti nel mito di Mani Pulite. In questa newsletter riproponiamo un abbozzo di “storia sociale di Tangentopoli”, pubblicato qualche anno fa, ma che ci pare ancora attuale.
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